martedì 30 marzo 2010

DEAD MELLOTRON


Quello che state per leggere è un cattivo esempio. Da non seguire. Da evitare. Da tenere a mente.

Per motivi ancora oscuri mi ero dato come obiettivo di approcciare Josh, personaggio che tradotto in musica si fa chiamare Dead Mellotron. Il suo primo e.p. era rimasto per mesi in circolo nella mia corteccia uditiva primaria; in preda a deliri pissichedelici ero ostaggio di un incanto olografico in cui il nostro doveva necessariamente essere un affabile e talentuoso artista perso nella sua autistica costellazione di riverberi. Non poteva essere altrimenti. Al bando le malelingue. Il delay non può mentire. Ecco quindi come ho deciso di discutere con lui di questa sua creatura, incurante del fatto che l’ometto in questione si dicesse essere simpatico e scostante quanto il figlio adottivo di Mengele e Marc Dutroux (che, ora che ci penso, protrebbe effettivamente essere una sagoma mica da ridere). E ancor più incurante della pressocché totale assenza di curiosità – da parte mia - di conoscere vita, morte e miracoli di Dead Mellotron. Lo ammetto, avrei potuto farmi bastare la musica, ma l’ignoto mi intriga. Io sono partito mal disposto e con l’ispirazione sotto i piedi. Josh ci ha dato dentro con affabilità pari a zero, grammatica e costrutti che avrebbero messo in ginocchio anche gli agenti del KGB, latitanza ed altre cose che belle non sono. Ma in fondo, come ho già detto sopra, la colpa è mia, come quando ci si incaponisce nel voler uscire con la più bella del reame, sebbene con ella non si abbia nulla in comune. Il coraggio è ammettere l’errore e scaricarla sul più bello. Per questo motivo la qui presente intervista è monca, mozza, zoppa. Ho staccato la spina.

Scrivo queste righe dopo avere ascoltato incessantemente il suo nuovo album, omonimo. Qual beltade!
All’epoca la sorte di questo lavoro doveva essere ben altra. Un’etichetta avrebbe dovuto pubblicarlo, ma è notizia recente che l’accordo è sfumato. Prevedibilmente, mi viene da aggiungere. Josh, in un primo momento lo mise scaricabile direttamente dalla sua pagina di Myspace, come fece con il precedente e.p. Ora però ha cancellato il file, in preda a chissà quali manie perfezioniste o deliri antisociali.

Questa intervista, colma di contraddizioni, è per coloro che hanno avuto la fortuna di godere di entrambi i dischi immateriali di Dead Mellotron, ora come ora una delle più lussuriose realtà retro pop proveniente dagli USA, con lo sguardo fisso su sostanze psicotrope made in U.K.

Scusate. E scusa anche tu, Josh.





Sono passati diversi mesi dalla pubblicazione di “Ghost Light Constellation”. Ora so che stai lavorando al suo successore, ma intanto ti chiedo come hai vissuto il responso da parte di critica e pubblico. Mi risulta che tu sia rimasto infastidito da alcune considerazioni pubblicate in rete.

Molti hanno ipotizzato che quella non fosse altro che una merdosa raccolta di canzoni, assemblata da un tizio qualunque nella sua camera da letto e regalata in maniera patetica a chiunque la desiderasse. Bè, quelle persone avevano ragione. Non credo che l’essenza del disco sia stata colta da tutti. Non è affatto un’opera umile; è autoreferenziale, completamente intrisa della mia personalità.


Tenendo conto di ciò, avevi pensato che molte persone ne sarebbero rimaste così fortemente affascinate?

Sinceramente no, non mi aspettavo affatto che qualcuno avrebbe potuto prestare così tanta attenzione a questo e.p. Okay, è bello che sia stato accolto così bene, ma ormai è notizia vecchia.


Prima di parlare del tuo recente passato, potresti dirci qualcosa riguardo il prossimo album?

A questo giro desideravo pubblicare qualcosa di veramente meritevole, e sarebbe dovuto uscire proprio oggi… ma ancora non è pronto. Continuo a modificare gli arrangiamenti, perché sono l’aspetto che più mi interessa. Alcune canzoni sono molto poppettose ed è molto difficile lavorarci senza far sembrare il tutto eccessivamente premeditato e calligrafico. Come se non bastasse, la cesellatura delle canzoni più pop rischia di far passare il messaggio che il resto dell’album sia meno curato. Ogni elemento dell’album, invece, ha un suo senso, un suo perché. L’insieme contribuisce a suscitare determinate emozioni. Allegria, nostalgia, pietà o quel che vuoi tu. Dovrebbe sempre essere così, anche se raramente capita.


Quante etichette si sono dimostrate interessate alla pubblicazione del tuo nuovo lavoro? Ho letto che Fla Records editerà “Ghost Light Constellation” in vinile e SVC si occuperà dell’album. Dico bene?

Già ai tempi della pubblicazione on-line del primo e.p. mi contattarono un sacco di labels. Avrei dovuto lavorare con la SVC per un po’ di uscite, ma alla fine non se ne è fatto nulla. E’ probabile che rimanga con la FLA per tutte le mie future pubblicazioni su supporto fisico! James è dannatamente pieno di passione per tutto ciò pubblica, ed è bello lavorare con gente del genere. (In verità, ad oggi, l’e.p. non è stato ristampato, anzi, è addirittura scomparso il nome Dead Mellotron tra le future uscite FLA; inoltre la stessa SVC ha annunciato con rammarico che non pubblicherà questo suo ultimo disco. N.d.r.)


Dici che la tua maggiore influenza è l’apatia, termine il cui etimo stona decisamente con le tue accorate registrazioni. Come è nato questo tuo amore?

Mi sono sempre gettato a capofitto dentro a qualsiasi cosa mi appassionasse. Non amo essere spettatore. Tutta la roba Dead Mellotron fin dall’inizio è nata in maniera realmente casuale e senza grandi intenti concettuali. Non mi sono sforzato fino allo stremo per curare il songwriting o la produzione. Credo che al tempo nient’altro sarebbe potuto essere più onesto ed verace. Mi chiedi da cosa tutto ciò sia nato? Soprattutto da una manciata di merdosi riff di chitarra, buttati lì alla maniera dell’usa-e-getta.


Di solito mi intriga sapere se in qualche modo la provenienza geografica di un determinato artista abbia in qualche modo a che fare con la direzione verso cui tende. Quanto c’è della città in cui sei cresciuto nelle tue canzoni?

Il luogo in cui vivo non riesce ad evocarmi il benché minimo desiderio di fare qualcosa. E’ una città di merda, decisamente brutta, culturalmente scialba. Quindi direi che Dallas non ha nulla a che fare con il progetto Dead Mellotron.


Quanto del tuo tempo libero è dedicato alla musica? Il fatto di essere cervello e muscoli dietro al progetto Dead Mellotron non rende complicata la gestione di ogni singolo aspetto?

La cosa che preferisco del registrare da solo è che ho il controllo totale su qualsiasi cosa. Non mi piace avere a che fare con le idee mediocri di qualcun altro. Mi toglierebbe del tutto il divertimento,
dovere valutare il contributo di ogni membro del gruppo, cercando di mantenere sempre un certo livello qualitativo. Non amo i compromessi. So esattamente cosa voglio, quindi le mie intuizioni sono le uniche a contare. Registrazione e arrangiamenti di ogni singolo brano sono tutti opera mia. Nessun altro è coinvolto. O meglio, qualcuno c’è, ma il suo apporto è sempre indiretto.



Va bene. Basta così. Ascoltate la musica e più non dimandate.

http://www.myspace.com/deeeadmellotron